Il 5 e l’insegnamento

Il 5 e l’insegnamento. E’ stato un percorso che mi ha portato all’insegnamento, tutto è iniziato quando ho scoperto che i miei 5 in Risposta Automatica e nel Lavoro erano collegati al riconoscimento, o meglio al non-riconoscimento.

È stato Maurizio a spiegarmi in seguito questa connessione.

Il mancato riconoscimento da parte di mio padre al momento della mia nascita era già stabilito dal “fato” e non a caso sono nata a fine maggio e non all’inizio di giugno.

Non importa se mio padre consciamente avrebbe voluto riconoscermi fin dall’inizio,  inconsciamente, “qualcosa“, aveva fatto sì che lui fosse assente in quel momento ed il riconoscimento dato in ritardo aveva già segnato il mio destino.

Ho passato più di trent’anni alla ricerca del riconoscimento da parte di chi mi stava intorno, a volte andando contro tutte le autorità, sognando di essere un rivoluzionario.

Poi ho scoperto che la vera rivoluzione è riconoscere se stessi, facendo pace con gli spettri del passato, dire io valgo, io ho la Luce dentro di me (tra l’altro sono un 9 in Personalità Profonda).

Da quando ho iniziato questo percorso tante cose sono cambiate nella mia vita.

Da quando mi autoriconosco ho parecchie proposte di lavoro, ho iniziato ad insegnare in una scuola superiore professionale e tengo corsi collaborando con associazioni. Insegnare mi è sempre piaciuto. Mi dicono che le mie spiegazioni sono semplici e facili da comprendere.

Ho un 5 nel Lavoro, sono qui per insegnare!

Passare la mia professione agli adolescenti mi sprona a migliorare me stessa, non sono solo una professoressa sono un “ponte” (pontifex: colui che getta il ponte) tra gli studenti ed il lavoro che li aspetterà dopo la scuola.

L’Universo lavora per noi se noi ci mettiamo in gioco. Anche nei momenti difficili, che per quanto mi riguarda diventano sempre meno, non dobbiamo mai smettere di credere in noi stessi.

Il Sole nasce ogni giorno.

Illumina il Tuo cammino.

Francesca Mamone

Fabrizio De André

Fabrizio De André, poeta e cantautore italiano nato il 18 febbraio 1940.

Fabrizio De André ha un 11, la Forza, in Pronto Soccorso. Questo implica che nel momento del bisogno, per poter stare meglio, è necessario lasciarsi andare, esprimere la collera, “tirar fuori la bestia”.

Anche perché 1+1=2, La Papessa.

Ciò sta a indicare che se l’11 non è vissuto in talento porterà ad un doppio conflitto, quello dell’11 e quello del 2. Tanto più che De André ha 2 in Conflitto ed in Risposta Automatica.

La Papessa (2), in Conflitto, lo farà entrare in conflitto ogniqualvolta si sentirà eliminato.

Insieme all’altro 2 in Risposta Automatica, lo porterà a non accettare o non essere accettato e quindi ad eliminare o ad essere eliminato.

Lo indurrà anche ad un accumulo, nel suo caso, di conoscenza letteraria. Possiamo anche supporre che nella genealogia ci sia stata una madre fredda, cioè poco nel suo emozionale, essendo la carta della Papessa uno degli archetipi della madre. Questo si può collegare alla carta della Temperanza, 14 in Memoria Genealogica, che ritrae un angelo e che rimanda ad un bimbo deceduto. Ovviamente per essere certi di ciò dovremmo parlare con i diretti interessati. Quello che però è chiaro a chiunque lo conosca come artista è che lui ha fatto da legame tra le storie da lui raccontate e chi le ascolta. Un legame con un “liquido” correlato al 14 vissuto in modo negativo può divenire una dipendenza. Troviamo in questo caso un collegamento con l’alcool. De André infatti smetterà di bere solo dopo la morte del padre, per mantenere una promessa a lui fatta.

Per essere in Talento doveva essere nell’azione usando l’istinto, il 7, Il Carro, in Strumento ed in Equilibrio.

Nel 1960, suo anno emblematico, compose quella che lui ha sempre considerato la sua prima canzone: “La ballata del Michè”. Ha un 18, La Luna, in Disegno di Vita, anche questa carta rimanda alla madre, all’accoglienza tipica del femminile.

Fin da giovane capisce ciò che ha voglia di fare nella sua vita, è umile, capace di ascoltare e di accogliere.

A tale proposito è stato scritto, “Gli estimatori di Fabrizio De André ammirano il coraggio morale e la coerenza artistica con cui egli, nella società italiana del dopoguerra, scelse di sottolineare i tratti nobili e universali degli emarginati, affrancandoli dal “ghetto” degli indesiderabili e mettendo a confronto la loro dolorosa realtà umana con la cattiva coscienza dei loro accusatori.”

Trovo che in questa frase si possa leggere molto della sua personalità, era un medium, cioè un mezzo tra gli emarginati e il pubblico. Era riflessivo come la luna riflette la luce del sole, egli rifletteva l’inconscio collettivo ponendolo nella realtà e portandolo in modo semplice alle orecchie di tutti.

C’è un tratto di lui che tutti conoscono, in cui la sua grande accettazione ha raggiunto una vetta veramente elevata, e cioè quando, dopo aver subito il rapimento, ha chiamato quella esperienza “Hotel Supramonte”.

I 16, La Casa Dio, in Personalità Profonda e nel Sociale suggeriscono che fosse una persona gioiosa, che “giocava” con ciò che lo circondava anche quando le situazioni non sono le più rosee.

Il 9, L’Eremita, nel Lavoro lo porterà a lavorare da solo, farà infatti molta fatica ad esibirsi in concerto, rimettendo i fatti che lo circondano in questione quasi diventando un terapeuta a livello intellettuale cercherà di illuminare gli altri su varie tematiche fino ad arrivare, in quello che lui riteneva uno dei suoi migliori album, “La Buona Novella“, a raccontare la storia di Gesù come se fosse un “semplice” uomo e non “Il figlio di Dio”.

Questo non perché ateo ma perché in questo modo lo rendeva più vicino alle persone.

Riguardo Dio disse: “Quando parlo di Dio lo faccio perché è una parola comoda, da tutti comprensibile, ma in effetti mi rivolgo al Grande Spirito in cui si ricongiungono tutti i minuscoli frammenti di spiritualità dell’universo.”

Possiamo riassumere l’essenza della mappa in questo modo:

  • Medium, 18, festaiolo e con il viso da bambino;
  • Istintivo e nell’azione, 7 e 11;
  • Un saggio solitario, 9.

Illumina il Tuo cammino.

Francesca Mamone

Chi è Horus ?

Horus è il principe delle divinità della antica religione Egiziana.

Per spiegarla velocemente a coloro che non lo conoscono, Horus sta a Osiride come Gesù sta a JHWH.
Con le dovute differenze ovviamente: chi è infatti Osiride?
Osiride è un membro dell’Enneade, cioè il gruppo dei nove Dèi Egizi più importanti. Inventore dell’agricoltura e della religione, si riteneva che avesse regnato come civilizzatore e benefattore dell’umanità. In una delle numerose versioni del suo mito, Osiride morì annegato nel Nilo, assassinato nel corso di un complotto organizzato dal fratello minore Seth. Malgrado lo smembramento del corpo, sarebbe tornato in vita grazie alle pratiche magiche delle sorelle Iside (che era anche sua moglie) e Nefti. Il martirio permise a Osiride di accaparrarsi la signoria sul mondo dei morti, di cui sarebbe divenuto sovrano e giudice supremo, garante delle leggi di Maat, la Giustizia, ovvero l’Armonia Universale: era perciò venerato come dio della morte e dell’oltretomba.

Per gli Egizi la vita era, per dirla con Platone, una continua preparazione alla morte.
E qui sappiamo già che qualcuno si starà toccando… Ma pensateci un attimo: la vita non è un continuo morire e rinascere? Non siamo ogni giorno diversi? Non muore ogni giorno una cellula nel nostro corpo per lasciare lo spazio a un altra?

Ecco che allora la vita diventa una preparazione alla morte: così era per gli Egizi, e basterebbe dare un’occhiata alle piramidi per capire quanto la morte fosse importante per loro.
Horus era inoltre figlio di Iside, dea della maternità, della fertilità e della magia, che faceva anch’essa parte dell’Enneade.

Nel mito Osiride viene assassinato dal fratello Seth, dio del Caos, ed è riportato in vita, per il tempo di un rapporto sessuale con l’amata Iside, dai poteri magici di Iside e della dea Nefti. Da questa unione nacque Horus bambino. Una volta cresciuto, affronta lo zio Seth per vendicare il proprio padre e, sconfittolo dopo molte peripezie, rivendica l’eredità di Osiride, divenendo finalmente Re d’Egitto.

Il valore e la pietà filiale fecero di Horus l’archetipo del faraone. Tuttavia, nel mito, le pretese di Horus sul trono erano duramente contrastate da Seth e, nel corso dello scontro con lo zio Seth, Horus perse l’occhio sinistro, che si divise in sei parti, e fu poi risanato dal dio Thot. Si riteneva che quest’occhio, chiamato Oudjat od Occhio di Horus, che gli egizi portavano come amuleto, avesse poteri magici e guaritori, oltre che di protezione. Graficamente l’occhio di Horus (udjat) è costituito da un occhio destro (quello rimasto integro dopo il combattimento fra Horus e Seth) sovrastato dal sopracciglio (che ci ricorda nella sua forma un serpente) e sotto da una spirale, per alcuni il tratto residuo del piumaggio del falco, animale del quale Horus prende le sembianze.

Fra i vari significati del mito dell’occhio di Horus, il principale è quello della rinascita o rigenerazione, ovvero del sole che appunto rinasce ogni giorno.

Interpretazione profonda

Fin qui il mito, la leggenda.
Ma in cosa può essere utile per noi? E specialmente per il nostro cervello ?
NON SO CHE TERMINE USARE PER NON RIPETERCI una interpretazione più profonda che ci permetterà di avvicinare il simbolo al funzionamento del cervello e quindi alla nostra realtà quotidiana.

Vediamo cosa rappresenta l’occhio di Horus.

L’occhio di Horus è l’occhio della percezione oggettiva e profonda, necessario per emettere un giudizio equilibrato. Deve diventare “l’occhio buono”, cioè la capacità di vedere soprattutto bene e positività intorno a sé. È l’occhio dell’anima, che cerca la visione di Dio.
E’ l’occhio di Dio, chiamato “Peqicha”, “Apertura”, in quanto è singolo e non si chiude mai (come il terzo occhio). Nell’uomo-Horus, un occhio guarda dentro e l’altro lo acceco per non vedere l’esterno e concentrarmi sull’interiorità. Rappresenta dunque la capacità di entrare nel profondo della realtà.
Ricorda il terzo occhio e ha quindi un rapporto con la ghiandola pineale, che a sua volta ha un collegamento col sole e con i cicli solari (l’epifisi produce la melatonina in rapporto alla luce solare che gli occhi percepiscono).

Spiritualmente ci permette di uscire dall’illusione, che ci permette di passare dall’invisibile al visibile. È la relazione tra cervello e pensiero intimo.

Horus si chiede “cosa bisogna che distrugga in me stesso?” come barriera, come idea preconcetta, come sistema di credenze. Quindi ci permette di smontare le barriere, i modelli, la maschera sociale, l’immagine di sé, la corazza, la torre d’avorio che è la torre di Babele, e così riesce ad essere se stesso e si manifesta per ciò che è, manifestando il Divino in sé.
In sintesi, come ci mostra la figura, rappresenta ciò che di più profondo e invisibile è in noi, anche se non percepibile con i sensi comuni.

Collegato al sole (prima abbiamo accennato alla rinascita), e quindi al dio Ra, Horus è rappresentato da un falco (significato del termine Horus), animale che può volare altissimo nel cielo e può guardare il sole senza perdere la vista.
Rappresenta quindi anche il sole ed in particolare quando è allo zenith.

Tra le più celebri immagini di Horus, il dio compare in una statua del faraone Chefren, della IV dinastia, assiso in trono.
Il falco-Horus è appollaiato in cima allo schienale del trono e le sue due ali, aperte, abbracciano la nuca del sovrano in un gesto protettivo.

Per questi motivi abbiamo scelto l’Occhio di Horus (rivolto alla nostra interiorità) e Horus stesso (il falco legato alle energie solari, alla protezione per la nostra vita e alla nostra rinascita) come simboli del nostro progetto.

In antitesi a Seth, che rappresenta il caos e la violenza, Horus incarnava l’ordine e – esattamente come il faraone – era garante dell’armonia universale (Maat).

Anche Maat ha il suo opposto: Isefet, il caos, il disordine, ma soprattutto la disarmonia.

Quando siamo malati, siamo infelici, stiamo male a vari livelli, significa che vi è Isefet: per questo bisogna ristabilire Maat, l’ordine interiore, la pace, l’armonia con se stessi. E per ristabilire Maat ci vuole Horus (e cioè saper vedere la nostra interiorità e rinascere grazie ad essa). Per questo abbiamo deciso di chiamare così il nostro progetto.

Per rappresentare la capacità umana (e della scintilla divina che è in noi) di ristabilire Maat, grazie a Horus, che ne era appunto il garante.

Di Horus, Maat e Isefet accenno anche nel libro “Due occhi color miele”, primo libro della saga “L’eredità iniziatica”. Ma nel secondo che sto scrivendo… bè, mica te lo dico, altrimenti che sorpresa è…

Illumina il tuo cammino

Mau

Uno per tutti e tutti per Uno

https://www.facebook.com/MirkoBustoM5S/videos/1598562643501646/

Uno per tutti e tutti per Uno.

E’ il motto che in questo video è rappresentativo di ciò che abbiamo costituito con Progetto Horus.

Una Falange Macedone il cui obiettivo sia il mutuo sostegno per il raggiungimento comune dell’Evoluzione personale e, come corollario quasi automatico, l’evoluzione dell’Umanità.

La Falange Macedone è una peculiare formazione utilizzata dall’esercito macedone in antichità a partire da Filippo II, padre di Alessandro Magno e forse prima da Atlantide.
(le prime testimonianze di falange le abbiamo da steli sumere ed egizie, ma la falange è stata usata soprattutto in grecia, a partire dalla fine del medioevo ellenico, e ha avuto il suo apice con la falange tebana, a cui Filippo si è ispirato per la sua falange macedone).

Noi crediamo che solo attraverso l’evoluzione individuale la comunità possa crescere.

Sappiamo anche che da soli sono ben pochi a riuscire, Gesù, Buddha… e forse pochi altri che si contano sulle dita di una mano.

Eccolo, l’ho visto! Ti è appena passato subito quel pensiero! “Ma siete una setta?!

Permettimi di ridere due secondi, e di tornare subito serio per dirti, assolutamente NO.

Siamo un gruppo di pari, che si sostengono a vicenda. Come andare insieme nella stessa palestra di arti marziali. Ognuno fa il suo proprio percorso, e gli altri lo affiancano, semplicemente. E confrontandosi continuamente, si cresce. Non siamo una setta perché non c’è nessun obbligo di fare niente. Se ti avvicini a noi hai già il desiderio di cambiare, di evolvere, di crescere insieme. E se non ce l’avessi o cambiasse, automaticamente ti allontaneresti, perché la Falange così come unisce può dividere.

Questo perché?

Perché si è formato ormai un inconscio collettivo (a breve un articolo in proposito) all’interno del nostro gruppo che desidera l’evoluzione e solo questa.

Ti dirò di più, è il simbolo stesso richiamato dal nome a invitarci all’evoluzione.

Progetto ha già in sé etimologicamente l’idea di progresso, esso infatti indica il “gettare avanti” qualcosa, un’idea solitamente, per farla crescere.

Horus invece, come ricorderai da questo articolo, è un dio solare, colui che illumina il cammino. E se c’è un cammino da percorrere, c’è sempre un’evoluzione.

La falange macedone è un gruppo di persone che si sono formate in Progetto Horus, che hanno deciso di dedicare una fetta importante del loro tempo all’evoluzione personale in primis, e, ad ogni passo effettuato, di condividerla con gli altri, affinché tutta l’umanità possa compiere lo stesso passo, almeno quella fetta che potremo raggiungere. Quando ci riuniamo come falange lo facciamo con l’idea di essere i 300 uomini alle Termopili pronti a dare la vita per un ideale. Gli spartani morivano per l’indipendenza della Grecia, noi vogliamo vivere per l’indipendenza della nostra Coscienza interiore e per l’evoluzione dell’umanità.

Una cosuccia da niente, vero?

Non ti preoccupare, siamo già disillusi.

Non crediamo di poter fare in una generazione ciò che non è stato fatto in millenni, ma tutti i giorni lavoriamo per l’Utopia, affinché si realizzi in terra.

Forse ci vorranno milioni di anni.

Ma sappiamo che se non ci prendiamo la responsabilità oggi, forse non saranno milioni, ma miliardi gli anni necessari a fare il salto.

Ma non siamo già evoluti?
Starà pensando qualcuno. Voliamo, possiamo comunicare a velocità stratosferica, tra poco sbarcheremo su Marte…eppure continuiamo ad ammazzarci, stuprare, corrompere e farci corrompere.

Jiddu Krishnamurti, non molti anni fa, diceva che sotto il profilo spirituale siamo all’età della pietra, e non al Neolitico, aggiungiamo noi, al paleolitico, e appena iniziato peraltro.

Per questo è necessario un esercito scelto dell’Amore. Questo è ciò che vorremmo essere.

“O straniero, annuncia agli spartani che qui noi giacciamo in ossequio alle loro leggi”, scrisse Simonide nell’epitaffio alle Termopili.

O lettore, annuncia a tutto il mondo che qui noi evolviamo in ossequio all’Amore, unica nostra legge.

Se anche tu vuoi essere dei nostri, chiama il 3396260059 o scrivici.

La falange macedone del team di progettohorus.it

Pink Floyd

Pink Floyd, sono un gruppo musicale britannico formatosi nella seconda metà degli anni sessanta.

Nella loro carriera sono riusciti a riscrivere le tendenze musicali della propria epoca, diventando uno dei gruppi più importanti della storia della musica. Il gruppo, nato a Londra nel 1965 viene fondato dal cantante e chitarrista Roger Keith “Syd” Barrett (06 Gennaio 1946), dal bassista George Roger Waters (06 Settembre 1943), dal batterista Nicholas Barclay “Nick” Mason (27 Gennaio 1944) e dal tastierista Richard William Wright (28 Luglio 1943). Nel dicembre del 1967 si aggiunge al gruppo il chitarrista David John “Dave” Gilmour (06 Marzo 1946) che si affianca e poi sostituisce definitivamente Barrett.

È sicuramente interessante notare come sia Gilmour che Barrett abbiano un 6, L’innamorato, in Disegno di Vita.

Ciò fa di loro persone legate all’arte e alla bellezza in generale, al piacere nel sociale, ma soprattutto al fatto di sentirsi scelti.
Non a caso Gilmour, in talento, verrà scelto per sostituire Barrett, che invece evidentemente in conflitto, si sentirà “non scelto” ed abbandonato.
Essendo nati lo stesso anno hanno in comune un 20 (Il Giudizio) cioè in Memoria Genealogica e quindi un forte legame con la musica, essendo questa l’unica carta dei Tarocchi di Marsiglia che contiene uno strumento musicale. Potremmo dire che questa sia una vera e propria chiamata di Dio, che si trasforma in un desiderio irresistibile.

Gilmour ha il 20 anche in Personalità Profonda (come Mozart).
Troviamo in lui infatti una forte capacità evolutiva, oltre al talento musicale, lui utilizza il desiderio per realizzare ciò che vuole. Non a caso il suo “legame” con la musica indurrà la rivista Rolling Stones a inserirlo al 14° posto nella lista dei migliori chitarristi di sempre. Nel lavoro Gilmour ha un 14, la Temperanza, che lo porta a creare legami, lo rende mediatore durante i dissensi nella band e lo aiuterà a “proteggere” il gruppo consentendo anche al reinserimento di Wright, che era stato escluso dopo alcuni problemi avuti con Waters durante la registrazione di “The Wall“.

Probabilmente questi dissensi erano stati determinati dal 5 (il Papa) in Personalità Profonda di Waters, vissuto da lui in maniera conflittuale, non sentendosi cioè riconosciuto, cosa che fa diventare “tiranni”. Questo rispecchia anche il 2, la Papessa, che Waters ha in conflitto e che quindi lo porta a eliminare: meglio carnefice che vittima. Non sentendosi riconosciuto (5) e scelto (6) decide di eliminare (2) Wright che ha un 22, il Matto in conflitto ed in strumento, che accetterà di andarsene ma in realtà resterà facendo da turnista ai concerti riuscendo così a seguire comunque la sua “via” per raggiungere il suo obiettivo “andando per la sua strada”.

A proposito di questo fatto Mason nell’autobiografia “Inside Out” dice:
Il 1978 è per Wright l’anno emblematico secondo la sua mappa e proprio in quell’anno esce il suo album solista “Wet Dream”.

Mason con il suo 19 (il Sole in Personalità Profonda, Sociale e Pronto Soccorso) si può definire il “padre” dei Pink Floyd, brilla di luce propria, con la sua voglia di costruire insieme ha mantenuto i collegamenti tra Waters e Gilmour (non dimentichiamo peraltro che a proposito di costruire insieme, senso del 19, il termine mason significa muratore, costruttore). Come il sole ci dà luce senza chiedere nulla in cambio, Mason ha donato al mondo, l’autobiografia già citata, e questo anche grazie al 3, l’imperatrice in Equilibrio e quindi al bisogno di comunicare. Questo 3 lo porta a trovarsi bene nei gruppi di 3 persone e sarà proprio questo il numero dei componenti della band dopo il 1985.

Waters (anche lui come Gilmour e Barrett 6 in Disegno di Vita) con un 5, il Papa, nel Lavoro e in Personalità Profonda, portò avanti il progetto Pink Floyd come una guida cercando di “unire con saggezza”. Dopo la pubblicazione di “The Final Cut” per lui l’esperienza Pink Floyd era conclusa, e cercando di essere riconosciuto da tutti come il cuore del gruppo arrivò ad una causa in tribunale per ottenere i diritti del nome, ma la perse essendo lui in quel momento un 5 vissuto verosimilmente in modo conflittuale.

Nell’album “Wish You Were Here”, uscito il 15/09/1975 (ovvero 15 in Desiderio di vita, la passione, 9 in risposta automatica, la solitudine, 22 in memoria genealogica, la follia, e 10 in Personalità profonda, l’evoluzione, sì, si può calcolare la mappa anche dell’uscita di un album, come di tanti altri eventi!)

Waters fa diversi riferimenti a Barrett come ad esempio nel testo di “Shine on you crazy diamond”,

  • “Remember when you were young, you shone like the sun.
    Shine on you crazy diamond
    Now there’s a look in your eyes, like blackholes in the sky. “
  • Ricordi quando eri giovane, Splendevi come il sole,
    Continua a brillare pazzo diamante,
    ora c’è uno sguardo nei tuoi occhi come dei buchi neri nel cielo).

È interessante l’analogia con lo “splendere come il sole” e “brillare come un diamante” che usa quasi come se il suo inconscio gli suggerisse dei riferimenti al 18 (la Luna) in Personalità Profonda di Barrett.

Non a caso viene considerato un “lunatico“. Era un medium, aveva un segreto da rivelare o da tener per sé. Una forte intuizione che quando non veniva utilizzata lo rendeva depresso e si perdeva nell’immaginario (come in un rave?) aiutandosi spesso con droghe psicotrope che lo porteranno all’isolamento. Questo senso di isolamento scaturisce anche da un 21, il Mondo, nel sociale, che, vissuto in conflitto, porta “la danza creatrice” a diventare un ballo da ubriaco senza alcun fine se non quello di farlo sentire perso e solo al mondo facendogli perdere il senso di libertà tipico di questo numero e imprigionandolo in uno stato negativo.

Il 13 (la carta senza nome) in conflitto lo porterà ad aver paura della morte, quindi dei cambiamenti importanti e ad avere scatti di collera mentre avrebbe dovuto “semplicemente” essere il promotore di grandi cambiamenti radicali, quali quello della musica che proponeva e che ispirò sempre i Pink Floyd.

Un 16 (La Casa Dio) in strumento fa di lui un festaiolo a suo modo, un esplosione creativa che ritroviamo nella musica dei Pink Floyd e nei suoi quadri.

Trovo che questo articolo sulle mappe di un gruppo faccia notare come persone con gli stessi numeri possano vivere in Talento o in Conflitto ogni situazione, vorrei dunque ricordare ai lettori che nulla accade per caso e che si può scegliere di migliorare se stessi per vivere una vita in Talento.

Se sei arrivato fin qui l’universo cerca di dirti qualcosa…

Illumina il tuo cammino

Francesca Mamone

Pablo Picasso

Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno María de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Ruiz y Picasso se vogliamo chiamarlo con il suo nome originario

Ai più conosciuto semplicemente come Picasso, scelse di firmarsi utilizzando il cognome della madre, perché secondo molti, quello del padre, Ruiz, fosse troppo comune.

Calcolando la sua mappa possiamo però vedere un 18 in memoria genealogica che rimanda alla domanda “Qual è il bambino che non è stato riconosciuto?”.
Quindi la vera motivazione dell’utilizzo del cognome materno è la memoria di un bambino non riconosciuto che non poteva portare il cognome del padre.

Pablo Picasso nasce a Malaga il 25 Ottobre 1881. Secondo una testimonianza della madre una delle sue prime parole fu “piz” diminutivo del termine spagnolo lapiz, matita. Poteva forse non essere questa, per quello che in seguito sarebbe divenuto uno dei più influenti pittori della nostra era? Azione, riuscita e direzione, sicuramente verso l’arte, sono scritti nel suo Desiderio di Vita con il numero 7.

Portò a termine il suo primo dipinto all’età di 7 anni. Un altro numero importante è il 17 in personalità profonda, che rappresenta l’autenticità e la capacità di azione nel mondo. Questo, collegato al suo 8 in equilibrio, determinerà la sua noncuranza per ciò che dicono gli altri. La sua risoluzione nel fare ciò che dà emozione lo condurrà a concepire stili pittorici nuovi e non sempre apprezzati dai contemporanei.

Un 9 nel lavoro lo porterà a lavorare da solo ma grazie al 10 nel sociale avrà modo di soddisfare il suo bisogno di evoluzione sociale quando nel 1904 trasferendosi a Parigi nel suo atelier Bateau-Lavoir fornirà un punto di ritrovo ad un ampio gruppo di artisti.

Il 10 in pronto soccorso ci chiarisce uno dei punti fondamentali della sua evoluzione artistica, il bisogno nel momento di difficoltà di iniziare un nuovo ciclo.

Picasso è conosciuto per aver vissuto vari periodi o cicli, ad esempio il periodo blu, ciclo del lutto, che iniziò dopo il suicidio del suo caro amico Carlos Casagemas seguito poi da quello rosa per uscire dal cordoglio.

Come ultima cosa vorrei parlare delle relazioni avute con varie donne nel corso della sua vita. Troviamo in questo frangente un 7 in relazione amorosa, il bisogno di essere innamorato e di essere l’amante della propria donna.

Picasso fu un artista controverso, a testimonianza del suo riconoscimento artistico, nel 1963 venne istituito a Barcellona il Museo Picasso, con dipinti, sculture e opere grafiche.

Francesca Mamone

Elogio della Solitudine pt. 1

Elogio alla solitudine di Fabrizio De Andrè, L’eremita

Spesso ci capita di avere a che fare con persone che passano molto tempo in solitudine, magari anche in mezzo agli altri, e “ironicamente” li definiamo eremiti.

Ma chi è l’eremita? Cosa rappresenta?

Si può ritenere un “eremita” colui che, attraverso la solitudine, la solitudine “creativa”, usata come strumento per mettere in crisi l’ego, rinasce a nuova vita (il 13 è il suo complementare) esprimendo al meglio l’Io interiore.

La ricerca e il raggiungimento del contatto con la spiritualità, avviene attraverso la ricerca della luce interiore, sprofondando in una grande crisi e dando inizio alla mutazione (9 sono i mesi della gestazione), al cambiamento e alla saggezza.

Fabrizio De Adré (9 nel lavoro) e Ivano Fossati (9 in risposta automatica al conflitto) scrivono assieme molti anni fa, il testo di questo bellissimo brano, che vi riproponiamo qui di seguito, che così bene esprime le caratteristiche dell’uomo con la barba che cammina all’indietro col bastone della passione… Buona lettura

Elogio della solitudine – Fabrizio De André (Brano tratto dall’album “Ed avevamo gli occhi troppo belli”)

C’è un UOMO che non disdegna la Solitudine, non la teme, non la disprezza, non la considera una sventura, anzi spesso la ricerca per farsi compagnia.
In sua compagnia quell’UOMO può guardare dentro se stesso pur sapendo che scorgerà sempre e solo un tenue raggio di luce, mai il chiarore completo del giorno.
Dentro l’apparente abisso della Solitudine quell’UOMO ama sprofondare.
Dentro quell’abisso infatti egli raggiunge la sommità del cielo ed ammira l’infinito tutt’intorno.
L’UOMO che frequenta la Solitudine, sa quanto importanti sono i suoi simili per lui e quanto smisuratamente ne ha bisogno.
L’UOMO la cui mano è stretta a quella della Solitudine ha imparato che molto più numerose sono le mani di quelli che cercano le sue.
L’UOMO che trova riparo all’ombra della Solitudine, sa quanto grande è lo smarrimento di chi, dentro a pareti di cemento armato, cerca rifugio senza mai trovarlo.
L’UOMO che siede stanco ai piedi della Solitudine, sa quanto affaticati e gonfi siano i piedi di coloro che senza mai fermarsi, corrono tutta la vita senza una meta.
L’UOMO che sa gustare il cibo invisibile che la Solitudine gli porge, sa quanto grande è la fame di coloro che pensano soltanto a riempire il carrello della spesa e i ripiani del frigo.
L’UOMO che si disseta dell’acqua che la Solitudine gli versa nel cavo delle mani, sa quanto inestinguibile è la sete di coloro che scambiano uno zampillo di sorgente, per un vuoto a perdere pieno di bollicine o alcol.
L’UOMO che ama ed è ricambiato dalla Solitudine, custodisce per se ogni cosa del passato, afferra con le braccia il presente e guarda lontano al domani.
Quell’UOMO è geloso della sua Solitudine, non la scambia perciò con quella di nessuno altro.
E la difende a denti stretti e con le mani ferite, la sua Solitudine quando gli altri gliela vogliono rubare.
Quell’UOMO in compagnia della sua Solitudine non si sente mai solo, mai perde il coraggio e la forza.
Di quell’UOMO e della sua Solitudine nessuno potrà mai temere alcunché.

Testo di Fabrizio De André

Si sa, non tutti se la possono permettere. Non se la possono permettere i vecchi, non se la possono permettere i malati, non se la può permettere il politico.

Il politico solitario è un politico fottuto di solito.

Però, sostanzialmente quando si può rimanere soli con sé stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante, e il circostante non è fatto soltanto di nostri simili, direi che è fatto di tutto l’universo, dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai propri problemi, credo addirittura che si riescano a trovare anche delle migliori soluzioni, e, siccome siamo simili ai nostri simili, credo che si possano trovare soluzioni anche per gli altri.

Con questo non voglio fare nessun panegirico né dell’anacoretismo né dell’eremitaggio, non è che si debba fare gli eremiti, o gli anacoreti, è che ho constatato attraverso la mia esperienza di vita, ed è stata una vita (non è che dimostro di avere la mia età attraverso la carta d’identità), credo di averla vissuta, mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura, invece l’uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura.

Tiziana Cuccu

Relazione amorosa

Perché la Relazione Amorosa è l’ambito più importante della nostra vita?

Molti rimangono quasi scioccati quando facciamo questa affermazione.

Si pensa.

Eppure, abbiamo vari elementi per affermare questa nostra certezza. Il primo lo ricaviamo osservando l’albero sephirotico della Cabala, l’elemento centrale e che si collega a tutti è “Tiferet”, che rappresenta il cuore di tutto l’albero, e nella Mappa dei Talenti corrisponde proprio all’ambito della Relazione Amorosa.

Ciò significa dunque che la Relazione Amorosa nutre tutti gli ambiti! Così come il cuore nutre ogni singola cellula del nostro corpo. Allo stesso tempo, è da tutti gli ambiti nutrita, o meglio, da tutti gli ambiti DEVE essere nutrita.

Più terra terra?

L’Innamoramento e l’amore sono due energie, molto simili, che fanno si che siamo in una condizione molto positiva e quindi attraiamo cose belle.
Hai già sperimentato? Sei d’accordo con noi?

È ormai risaputo, dopo anni di studi scientifici, che l’innamoramento è un turbine di energia dato da una fortissima scarica di ormoni. E la cosa straordinaria è che l’innamoramento può sopraggiungere a qualsiasi età, se gliene diamo la possibilità! E può durare per sempre se si compie una “manutenzione” costante della Relazione! In una relazione poi, dove l’innamoramento si affianca all’Amore, possiamo trarre tutti i benefici derivanti dalla secrezione di una serie di ormoni, quali la dopamina, le endorfine, la adrenalina e l’ossitocina.

Quando amiamo, quando ci innamoriamo, siamo più propensi a prenderci cura di noi stessi… Capiamo che per amare l’altra persona dobbiamo innanzitutto amare noi stessi.
Qualcuno diceva, estendendo però a tutta l’umanità, “Ama il prossimo tuo come te stesso”.

Non meno, se amassimo il partner meno di noi stessi non staremmo contribuendo alla diffusione dell’Amore nel mondo, non staremmo evolvendo, non staremmo imparando niente.
Non più, se amassimo il partner più di noi stessi, non staremmo amando noi stessi, ci staremmo svalorizzando.
Amarlo allo stesso modo, significa capire che non c’è che Uno.

Amando l’altro sto amando me stesso e tutto l’Universo!
E amando me stesso, sto amando l’altro.

Riconoscendo il Divino che è nell’altro, sto riconoscendo il Divino che è in me.

Alle volte invece, per paura di soffrire, non ci lasciamo trasportare dall’Amore e non consentiamo di amarci veramente con l’altro.
Ce ne stiamo troppo sulla difensiva: “e se poi mi tradisce? E se poi mi lascia? E se poi…?”
Tanto valeva “morire da piccoli”!

Altre volte invece trasformiamo l’altro in un altare, e ci rendiamo miseri, meschini, andando a elemosinare verso l’altro tutte le attenzioni di questo mondo, sentendoci però così senza alcun valore.
Ci sta, è nella vita fare tutte queste esperienze!
Ma poi arriva un momento in cui è necessario capire che non ci sono differenze fra noi stessi e l’altro.

Abbandoniamoci all’Amore!

A tutti i livelli, se non è spirituale, intellettuale, emozionale, sessuale e corporeo non è vero Amore!
L’Amore è solo a tutti i livelli, altrimenti non è Amore.
Non esiste l’amore platonico, sarebbe come dire che un piatto di amatriciana ci nutre solo guardandolo o solo pensandolo.
Non basta il sesso, la genitalità NON è sessualità. (Ma di questo parleremo approfonditamente nel corso “50 sfumature di Bio”).

L’Amore deve funzionare a tutti i livelli, il livello sessuale inoltre rimette in moto l’ambito che noi chiamiamo “Equilibrio”, e che è legato anche al lavoro, ai soldi e più in generale l’energia interiore.

Diciamoci la verità, non ruota tutta la nostra Vita intorno all’Amore?

Quando non c’è, è come una frittata senza olio né sale.
La coppia è un terzo elemento che si crea quando due persone entrano in relazione con l’Amore, e della coppia è necessario prendersi cura!
Tanto quanto prendersi cura di se stessi singolarmente.
Se infatti, una volta formatasi la coppia, si continua a pensare a sé solo individualmente, non si permette alla coppia di crescere. È come un bocciolo di rose bellissimo, che però rimane per sempre tale e non sboccia mai.

Peggio, se non si fa crescere la coppia come quando si gonfia il pallone di una mongolfiera, che poi la fa volare, la coppia si trasforma in un macigno che trascina in basso le due persone, sino a diventare solo un gravoso peso di cui liberarsi.
Perché allora non occuparsi della coppia (o delle coppie, se qualcuno ne avesse più di una) e trasformarla nel motore Ferrari che può essere per la nostra vita?

Per chi fosse curioso di come si può rendere la propria Relazione Amorosa il fulcro radioso della propria vita, ho messo a punto un seminario esclusivo dal nome “50 sfumature di Bio

Se avessi qualche curiosità su quanto scritto in questo articolo, commenta pure qui sotto, risponderò al più presto.

Illumina il Tuo cammino

Mau

La Dinastia degli 11

La Dinastia degli 11 “LA BESTIA”

Eccomi…sono arrivata…io sono la prescelta!

Io sono colei che deve risolvere il grande conflitto della sua Dinastia …..Io devo fare uscire la “Bestia”!

Sembra l’inizio di un racconto horror ma in realtà è una grande rivelazione che ha fatto si che io potessi raggiungere una consapevolezza che mi permette di vivere al meglio e aiutare al meglio i miei discendenti, ovvero i miei figli!

E ancora, mi permette di evolvere e allo stesso tempo far evolvere la mia Dinastia.

La Dinastia degli 11.

Sono nata il 29/04, e l’amore della mia vita (Simone) è nato l’11/02, sin qui sembra tutto normale e anonimo, ma vi dimostrerò che non è così…

Oltre a legarci un grande amore incondizionato, che ho imparato a conoscere e a cui non resistere, anche perché la mia insulino resistenza ha bussato per farmi capire che non ne vale la pena, ci lega la “Bestia” ossia il numero “11”!!!

Ebbene si il mio desiderio di vita è il numero 11 come quello di Simone! Ma non è tutto…

Se siete pronti iniziamo:

la prima “coincidenza” palese è che una mia carissima zia da parte di mamma alla quale sono particolarmente legata, nonché “casualmente” mia madrina di Cresima, è nata il 29/04 come me, il marito l’11/02 come Simone. Wow!
Non fermiamoci qui, ho tanto ancora da dirvi, infatti se vado ad osservare le date di nascita della mia famiglia vi posso dire che mio padre è nato il 12/11 quindi con un 11 in risposta automatica e mia madre è nata il 29/12 e quindi con 11 in desiderio di vita (come me e Simone).
I miei genitori, che amo alla follia hanno un vero talento in fatto di 11, infatti mio fratello è nato l’11/11!!!
Quindi i miei genitore hanno dato alla luce 2 figli uno con 11 in desiderio di vita e personalità profonda e l’altro con 11 in desiderio di vita e risposta automatica. Fantastici!

Che questo voglia dire qualcosa?

Ebbene si, abbiamo tutti un disperato bisogno di uscire dal controllo e liberare i nostri istinti, o meglio la nostra Forza istintuale, e siccome i miei genitori non ci sono riusciti (quanto avrebbero dovuto e voluto) hanno dotato me e mio fratello di tanti 11 importanti per riuscire in questa “Missione”!

Come l’ho capito?

E’ iniziato tutto dopo una trasformazione radicale nella mia vita che io chiamo “rinascita della Araba Fenice”, intraprendo un percorso spirituale che mi porta a conoscere il fantastico mondo della numerologia.

Mi innamoro di Simone proprio in quel periodo e come abbiamo detto ha un bell’11 in desiderio di vita, ma anche il padre è nato il 29/11 quindi con 11 in desiderio di vita e risposta automatica esattamente come mio fratello, ma c’è di più, la nonna paterna di Simone è nata il 29/04 come me! Per “fortuna” incontro nel mio percorso due persone speciali, per me sono delle guide preziose, Onda e Maurizio, anche qui per non farmi mancare la “coincidenza” vi dico che Onda è nata il 29/04 come me! Con il loro amore e la loro conoscenza sono riusciti a rendermi consapevole che tutte queste “coincidenze” altro non sono che segnali che l’Universo mi ha messo davanti per far si che io iniziassi a lavorare per risolvere uno dei miei più grandi conflitti imparando a lasciarmi andare e vivere i miei istinti!

Questo è un “piccolo” esempio raccontato in maniera ironica ma reale che mi riguarda.

Concludo col dirvi che questo modo di approcciarsi alla vita è fantastico e con grande entusiasmo vi consiglio “provare per credere” venite ai nostri seminari sperimentate di persona cosi come ho fatto io, sono certa che non ve ne pentirete!

Silvia Masala

Rudolf Nureyev

Rudolf Nureyev, nato il 17 marzo 1938

“La Stella dal desiderio irresistibile per la danza della libertà”

Qualche tempo fa mi è capitato di leggere un toccante articolo sul danzatore russo Rudolf Nureyev.

L’articolo (http://www.gay.it/cultura/news/lettera-danza-nureyev-aids) parla di una “Lettera alla danza” scritta dallo stesso maestro, poco prima di morire di Aids, nella quale descrive la sua passione per la danza e l’emozione dell’attesa della lezione provata fin da piccolo nonostante i due chilometri da percorrere a piedi per raggiungere la scuola.

Descrive, con la minuzia di chi ancora vive ciò che racconta, la disillusione del povero verso la gloria, l’odore del sudore sulla pelle, la poesia del ballo.

Una lettera autentica, (e per lui non sarebbe potute essere diversamente da così), carica di quella forza e quel desiderio che da soli, nonostante i dubbi, possono farti raggiungere l’obiettivo!

Cosa può aver portato “un’anima” sulla terra per scrivere simili parole a testimonianza del suo talento espresso e del suo amore per la vita? A fine lettura, col cuore stretto, mi si è rigato il viso di lacrime e, ascoltando il mio desiderio irresistibile, sono andata a cercare su internet la data di nascita per ricavarne la “mappa dei talenti”: 17 marzo 1938, sorrido…

Rudolf Nureyev

Il 17 Le Toille “La Stella” e non poteva che essere così per il primo ballerino di tutti i tempi! Ecco il perché di una lettera così autentica, ricca della sua essenza dove il bisogno di splendere al “mondo”, alla vita, viene espresso meravigliosamente! Ma andiamo avanti… ed ecco un altro sorriso compiaciuto.

Marzo (3) “L’Imperatrice” che rappresenta l’esplosione creatrice: nessuno meglio di chi danza può esprimere con la sua forza, la sua seduzione conquistatrice! Lei, “Sua Maestà”, vuole sempre essere riconosciuta per la sua bellezza esteriore e interiore… Ma il mio sorriso più grande prende forma nel l’osservare l’anno di nascita e calcolare quel numero, “21”, che è rappresentato dalla donna che danza creando sul “mondo” , colei che rappresenta la libertà. Così capisco come abbia potuto esprimere nella maniera più piena il talento della memoria genealogica trasmessagli dai genitori.

Guardo gli altri numeri e tutto riporta alla sua missione sulla terra che pare aver compiuto molto bene.

Mi soffermo un attimo a pensare…

Parte la musica, la danza è quella de” La morte del cigno” e come il cigno che muore dopo aver tentato il “tutto per tutto” e lascia che il destino si compia, così Nureyev ci ha salutato mostrandoci magistralmente come si percorre quel cammino chiamato VITA.

Tiziana Cuccu